CronacaLa scuola non insegna più la lingua italiana, la denuncia di Francesco Sabatini

Italiano, scuola, carenza

La scuola non insegna più la lingua italiana, la denuncia di Francesco Sabatini

Il problema, secondo il linguista, sarebbe da attribuire alla mancanza della «cognizione scientifica del ruolo che ha la lingua prima nello sviluppo cognitivo generale dell’individuo»

Inserito da (Maria Abate), giovedì 7 novembre 2019 15:46:52

«I mali del nostro sistema di istruzione vengono spesso denunciati pubblicamente non dalla scuola, ma dall'Università e, a livelli più avanzati, dagli ordini professionali. Non si contano le lamentele dei professori di Giurisprudenza sull'incapacità degli studenti di quella Facoltà (la chiamo ancora così, anche se questa struttura è stata cancellata) di redigere la tesi o anche solo una tesina in un italiano accettabile».

Esordisce così Francesco Sabatini, linguista, filologo e lessicografo, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, che ha presieduto dal 2000 al 2008, nel denunciare - in un lungo articolo per Il Corriere della Sera - la scarsa importanza data alla lingua italiana dalla scuola primaria.

Il problema, secondo il linguista, sarebbe da attribuire alla mancanza della «cognizione scientifica del ruolo che ha la lingua prima nello sviluppo cognitivo generale dell'individuo». La lingua italiana «nella scuola Primaria "modernizzata" viene insegnata in maniera sempre più approssimativa, per la mancata considerazione del complicato processo cerebrale che consente il suo apprendimento, attraverso l'attivazione, a fini linguistici, di un nuovo canale sensoriale, la vista, in aggiunta all'udito, con l'apporto fondamentale delle operazioni della mano».

«Una sottovalutazione - spiega - che si accompagna da un lato alla convinzione che ormai serve solo la scrittura elettronica (si dimostra di ignorare che lo scrivere a mano coinvolge tutto il nostro corpo), dall'altro a un incontrollato desiderio di molti insegnanti di "andare avanti" [...]. Intanto il bambinetto e la bambinetta leggono male e scrivono peggio, beccandosi a volte, a torto, le qualifiche di dislessici e disgrafici, che distorcono tutto il loro percorso scolastico successivo».

La conclusione è quasi drammatica: «Il clima generale è in fondo creato dalle attese frettolose delle famiglie: soprattutto di quelle che chiedono di far studiare quello che, secondo loro, serve direttamente a trovar lavoro, meglio se all'estero [...]. E in questo modo si toglie al cervello dei nostri studenti, dai 6 ai 19 anni, in un contesto già pieno di altre suggestioni, la possibilità di sviluppare al meglio in sé la facoltà linguistico-cognitiva di base, propria ed esclusiva della nostra specie, facoltà ulteriormente evoluta con l'invenzione, estremamente significativa e impegnativa, della scrittura».

 

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