Salute e BenessereNon è l’Italia il focolaio europeo, a gennaio in Germania c’era stato un caso positivo

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Non è l’Italia il focolaio europeo, a gennaio in Germania c’era stato un caso positivo

Quello che vorremmo evidenziare è la strumentalizzazione mediatica dell’Italia, che ha creato danni ormai irreparabili all’economia turistica, e che è dovuta – probabilmente – al fatto che qualsiasi notizia, bella o brutta che sia, faccia più share se localizzata nel Belpaese

Inserito da (Maria Abate), venerdì 6 marzo 2020 11:35:26

L'Italia è diventata il centro mondiale del contagio. La CNN, la tv statunitense più guardata al mondo, ha mandato in onda una cartina in cui il focolaio del coronavirus non è più la Cina, ma l'Italia, dalla quale partono - come fuochi d'artificio - innumerevoli frecce dirette in tutta Europa e in America. Un'estremizzazione che contribuisce al clima di psicosi internazionale e all'annullamento dei viaggi in Italia. Naturalmente, sui social è montata la polemica.

Ma qualche ora dopo è giunta la smentita. L'Italia è stata il primo paese in Europa a scoprire il contagio grazie ai tempestivi controlli, ma il primo contagiato europeo sarebbe stato un tedesco, passato inosservato, che avrebbe portato il virus nel Belpaese.

A comunicarlo un gruppo di medici tedeschi in una lettera pubblicata sul New England Journal of Medicine il 5 marzo. Gli esperti individuano il "paziente uno" europeo in un uomo di 33 anni di Monaco, che aveva mostrato i primi sintomi il 24 gennaio, dopo aver incontrato una collega proveniente da Shangai, poi risultata positiva. Dopo essersi sentito meglio, il 27 gennaio è tornato al lavoro, contagiando - pur essendo asintomatico - tre dei suoi colleghi. Lo stesso giorno la donna cinese ha informato i partner tedeschi delle propria positività e in Germania sono iniziati i test, risultati positivi.

Sebbene la sede dell'azienda del manager tedesco fosse stata chiusa dopo la comparsa dei primi casi, i ricercatori ritengono che il focolaio di Monaco possa essere collegato a una buona parte dell'epidemia in Europa, compresa l'Italia, dove il primo caso è comparso quasi un mese dopo, il 21 febbraio.

«Il messaggio importante - rileva Trevor Bedford del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle - è che il fatto che un focolaio sia stati identificato e contenuto non significa che questo caso non abbia continuato ad alimentare una catena di trasmissione che non è stata rilevata finché non è cresciuta al punto da avere dimensioni consistenti».

«Le sequenze genetiche del coronavirus ottenute in Italia sono ancora poche, ma sufficienti per capire che "non sono stati gli italiani a diffondere l'infezione», gli fa eco Ilaria Capua, direttrice del centro 'One Health' dell'università della Florida.

Quello che vorremmo evidenziare è la strumentalizzazione mediatica dell'Italia, che ha creato danni ormai irreparabili all'economia turistica (anche in Costa d'Amalfi), e che è dovuta - probabilmente - al fatto che qualsiasi notizia, bella o brutta che sia, faccia più share se localizzata nel Belpaese.

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