Territorio e AmbienteUn minuzioso restauro riporta all'aspetto originario la facciata della chiesa di Conca dei Marini

Conca dei Marini, Costiera amalfitana, chiesa, restauro, facciata

Un minuzioso restauro riporta all'aspetto originario la facciata della chiesa di Conca dei Marini

Sono stati recuperati i colori originari delle facciate e restituiti con intonaci tradizionali a calce: un vivace rosso antico per la facciata principale e differenti tonalità di giallo per le altre facciate e per il campanile

Inserito da (Maria Abate), giovedì 6 agosto 2020 12:19:47

Di Don Pasquale İmperati

"Appollaiata sulle rocce, sospesa tra mare e cielo": potrem‍mo così presentare la chiesa di San Giovanni Battista, in Conca dei Marini, per la sua incantevole ambientazione, che sembra frutto della fantasia di un pittore, invece è proprio reale. Non mancano davvero angoli di inconsueta suggestività lungo la nostra costa, ma il sito dove sorge questa chiesa è un luogo assolutamente unico e sublime. Qui si danno l'abbraccio il tremendum e il fascinans e rimandano con immediatezza all'Assoluto. Qui la mano divina, che ha plasmato il soave disegno della natura, e la mano umana, che ha realizzato questo inusitato gioiello d'arte, hanno mirabilmente concorso ad un risultato traboccante di meraviglioso e di sorprendente. Mistica bellezza!

Il luogo, per la sua stessa singolare conformazione, appare quasi dotato di intrinseca sacralità e, per questo, assimilabile ad una perenne teofania naturalistica. Non è inverosimile che sia stato scelto per una destinazione religiosa fin da epoche molto remote.

La storia di quest'opera architettonica è complessa e non ancora ben chiarita. Le sue origini vengono riportate ai secoli XI-XII, quando fu eretta forse in stile bizantino, per essere trasformata ed ampliata successivamente nello stile romanico amalfitano, peculiare della nostra cultura locale, con coperture voltate simili al gotico. Sul lato destro della chiesa sorgeva anche un "ospedale" per poveri ed ammalati, i cui resti, ancora visibili nel Seicento, sono stati inglobati nella costruzione dell'attuale sacrestia. Gli interventi trasformativi posteriori hanno conferito all'edificio l'aspetto tuttora conservato, singolarissimo nelle membrature architettoniche, nelle proporzioni spaziali e nei rigogliosi partiti ornamentali.

L'esiguità dello spazio, la luce soffusa, le basse coperture e le massicce murature conferiscono all'ambiente interno il senso sacro del "rifugio", della "protezione", del "nascondimento", mentre l'imponente facciata neoclassica comunica e illustra all'esterno la magnificenza dell'interno "tesoro nascosto".

Un ampio programma di restauro, realizzato lo scorso anno, ha interessato tutte le facciate della chiesa e del campanile. I lavori, seguiti dal parroco don Danilo Mansi e dall'architetto Marco Cretella e con la collaborazione dell'architetto Ivano Ruocco, sotto l'alta sorveglianza di Pasqualina Sabino, funzionaria della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, hanno beneficiato del finanziamento della CEI e del contributo della comunità locale. Sono stati recuperati i colori originari delle facciate e restituiti con intonaci tradizionali a calce: un vivace rosso antico per la facciata principale e differenti tonalità di giallo per le altre facciate e per il campanile. Paraste, modanature, decori e fregi della facciata principale sono stati messi in risalto con un elegante contrappunto cromatico. Larghe tracce di intonaco originario giallo sono state, invece, lasciate in vista sulle facciate laterali. Sono state recuperate e restaurate, inoltre, le maioliche policrome del cupolino del campanile. L'Ufficio Diocesano Beni Culturali segnala questo intervento per la virtuosità della sua esecuzione.

Con questo coraggioso recupero dell'antico cromatismo, l'edificio ha ritrovato un po' le sue origini ed è tornato in una relazione con il contesto in cui esso si stacca con maggiore forza e si impone con maggiore dignità. Il fascino di questo connubio di natura e arte è difficilmente descrivibile, ma per chi è alla ricerca di infinito esso è tappa di ristoro, caparra di contemplazione, esperienza d'estasi.

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