Storia e StorieCatania, 40 anni fa la morte del giornalista Pippo Fava

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Catania, 40 anni fa la morte del giornalista Pippo Fava

Ricordato oggi nella sua città proprio nella via a lui dedicata davanti alla lapide. Consegnato a Francesco La Licata il Premio nazionale di giornalismo "Giuseppe Fava - Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie"

Inserito da (Redazione Nazionale), venerdì 5 gennaio 2024 17:30:23

Non era solo un giornalista Pippo Fava ucciso a Catania, il 5 gennaio del 1984, esattamente 40 anni fa: Fava era anche uno scrittore, saggista, drammaturgo.

Memorabili furono le inchieste su mafia e politica e sugli intrecci tra le due: la sua ultima intervista televisiva la rilasciò ad Enzo Biagi il 28 dicembre 1983 dove denunciava ancora una volta la connivenza tra potere politico e mafia, con queste parole:

"I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Tutto parte dall'assenza dello Stato e dal fallimento della società politica italiana e forse anche della nostra democrazia".

Solo una settimana dopo da quell'intervista il giornalista siciliano venne ucciso, vicino al teatro stabile di Catania, dove cinque colpi di pistola alla testa misero fine alla sua passione civile prima ancora che giornalistica.

Morto a 59 anni per mano della mafia catanese guidata da Nitto Santapaola e che vide poi, per il suo assassinio, condannati alcuni membri del clan.

Era la voce più scomoda dell'informazione siciliana e non solo: aveva appena lasciato la redazione della rivista I Siciliani, che aveva fondato e diretto.

Fu il secondo intellettuale ucciso per mano mafiosa dopo l'uccisione di Peppino Impastato nel 1978.

Fava diceva a proposito del suo ruolo di giornalista:

"Ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che, in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente in allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo".

Giuseppe Fava, padre di Claudio ed Elena era stato fino al 1980, redattore capo di Espresso Sera e firma di varie testate tra cui i settimanali Tempo e Domenica del Corriere, per poi arrivare alla direzione del Giornale del Sud.

Fava aveva sempre puntato molto nella sua attività di giornalista su temi fortissimi, scomodi, come le collusioni tra Stato e mafia, attaccando il potere criminale della cosca di Nitto Santapaola.

Per l'omicidio di Fava arrivò per i boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano la condanna all'ergastolo: Fava aveva indicato proprio in loro due, nella sua lunga e militante attività giornalistica d'inchiesta e di denuncia, come il centro di un complesso sistema nel quale si incontravano mafia e poteri politici ed economici.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha rilasciato una nota per il quarantennale della morte del giornalista siciliano:

«Sono trascorsi quarant'anni dal vile assassinio per mano mafiosa di Giuseppe Fava, giornalista che ha messo la sua passione civile al servizio della gente e della Sicilia, impegnato nella battaglia per liberarla dal giogo della criminalità e dalla rete di collusioni che consente di perpetuarlo.

La mafia lo uccise per le sue denunce, per la capacità di scuotere le coscienze, come fece con tanti che, con coraggio, si ribellarono al dominio della violenza e della sopraffazione e dei quali è doveroso fare memoria.

Fava ha fatto del giornalismo uno strumento di irrinunciabile libertà. L'indipendenza dell'informazione e la salvaguardia del suo pluralismo sono condizione e strumento della libertà di tutti, pietra angolare di una società sana e di una democrazia viva.

Un impegno e un sacrificio a cui la Repubblica rende omaggio».

 

FOTO: pagina FB La memoria di chi ha lottato con serietà e professionalità contro la mafia

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