Tu sei qui: Attualità"Assassinio all'italiana... nessun colpevole... solo qualche indiziato". La lucida disamina di Carlo Cinque
Inserito da (Admin), martedì 26 luglio 2022 21:41:02
di Carlo Cinque *imprenditore positanese, dottore in economia e commercio e manager de Il San Pietro di Positano
Se stessimo scrivendo un giallo potremo esordire dicendo:
"Il delitto" qui descritto è stato premeditato e interamente consumato nell'ambito di un ampio schieramento di partiti, rappresentanti quasi tutto l'arco costituzionale italiano. Tutti questi partiti, meno uno che si era tenuto all'opposizione, erano, apparentemente, a sostegno dell'uomo più rappresentativo, stimato e ascoltato d'Italia, Mario Draghi, che si era nobilmente prestato a divenire il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri, su espressa supplica del Capo dello Stato. Il suo compito avrebbe dovuto essere quello di cavarci fuori dalle sabbie mobili nelle quali eravamo scivolati da tempo e che ci stavano inghiottendo inesorabilmente insieme al nostro Paese.
Mario Draghi nonostante si fosse prestato a questa defatigante impresa, estremamente rischiosa e ai limiti dell'impossibile, avendo generosamente accettato di mettere in gioco il suo enorme prestigio internazionale, per cercare di dare una mano al suo paese, da sempre riottoso ad instradarsi sui binari della legalità e del rispetto delle leggi, aveva fatto finora un ottimo lavoro e invece dei ringraziamenti di rito è stato sbattuto fuori dal Governo, senza tanti complimenti, dall'azione combinata di tre dei partiti che avrebbero, invece, dovuto supportarlo.
Mario Draghi è stato sfiduciato una prima volta con una pugnalata al fianco, dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, e una seconda volta con due pugnalate alle spalle da parte di Forza Italia di Silvio Berlusconi e della Lega di Matteo Salvini. L'aspetto tragicomico, che non manca mai nelle pantomime italiane, consiste nel fatto che se anche i tre partiti sono stati colti in flagranza di reato, si resta basiti dalle loro acrobazie verbali per non intestarsi la responsabilità diretta della caduta di Draghi e del Governo, arrivando persino ad accusare lo stesso Draghi di essere stato l'artefice della sua caduta!
Mario Draghi non si era mai schierato politicamente né tantomeno lo aveva fatto in questo suo nuovo ruolo di Premier e forte proprio di questo e del fatto che era stato letteralmente implorato ad accettare la carica dal nostro Presidente della Repubblica, utilizzava il sostegno dei partiti e giustamente lo pretendeva, per approvare le norme che ci avrebbero concesso di accedere ai fondi europei del PNRR, senza lesinare reprimende e strigliate ora all'uno ora all'altro quando necessario. Questi fondi del PNRR, alcuni in prestito ed altri a fondo perduto, se spesi in investimenti produttivi e non sperperati come sempre in passato, avrebbero dovuto migliorare le politiche energetiche e infrastrutturali in senso ecologico del nostro paese, per farlo avvicinare agli standard europei.
I partiti nel mentre dicevano di sostenerlo, abbozzavano anche perché non avrebbero potuto fare altrimenti e intanto aspettavano il momento giusto per liberarsi di lui. Momento opportuno che sarebbe arrivato nel momento in cui Draghi avesse messo un po' di ordine nella disastrata situazione italiana, così il segnale dell'inizio della congiura sarebbe scattato non appena il processo fosse stato avviato e i fondi del PNRR avrebbero cominciato a defluire verso il nostro paese. Al resto ci avrebbero pensato loro, i partiti! (ovviamente il resto sarebbe consistito nel prendere le decisioni del come spendere questi fondi e in proposito non abbiamo nessun dubbio di come lo sarebbero stati)".
Purtroppo non si tratta di scrivere un romanzo giallo ma questa è la triste verità che ci tocca in sorte e che mi fa fare una mia considerazione del tutto personale: se fosse stato Draghi a gestire la spesa, pur con tutte le difficoltà che avrebbe comunque incontrato, potevamo stare abbastanza tranquilli che almeno la gran parte delle risorse sarebbe stata utilizzata in investimenti produttivi che avrebbe permesso di ripagare i prestiti alla Comunità Europea che ce li avrebbe, eventualmente, concessi. Ora l'assenza di Draghi rende evidente che tali fondi, sempre che si riesca a portare a termine l'iter per ottenerli, saranno utilizzati per alimentare clientele e per guadagnarsi la benevolenza degli elettori in prossimità del voto, aumentando il debito pubblico che poi dovremo ripagare con le tasse di tasca nostra. A questo punto, dopo la cacciata di Draghi,vi confesso che la mia speranza è che la Comunità Europea non ci conceda più tali fondi del PNRR e ci eviti, in questo modo, di sperperarli come abbiamo fatto sempre in passato aumentando il nostro già astronomico debito pubblico.
Anche su questo concetto del ripagamento del debito pubblico va spesa qualche parola per far capire all'italiano medio che pensa in maniera molto semplice e lineare, il quale sarebbe portato a pensare: "ma perché i nostri politici non mettono mano a interventi per diminuire il debito pubblico visto che poi lo dobbiamo ripagare tutti? invece tutto ciò che fanno non fa altro che aumentarlo sempre di più?".
La risposta a questa semplice domanda è ugualmente semplice, si tratta di svelare un altrettanto semplice gioco di prestigio che si poggia su un trucchetto anch'esso molto semplice - come si vede siamo all'insegna della semplicità - in pratica le tasche in cui entrano i denari, che aumentano il debito pubblico, sono molte meno numerose e per questo motivo sono molto più grandi e capienti e attraggono molti più denari delle tante piccole tasche che debbono ripagare tale debito. Questo significa che chi riceve o gode dei benefici della maggior parte della spesa pubblica deve poi ripagarne la stessa quota di chi ne riceve una piccola porzione. E' come se decidessimo di comprare una torta con dei giganti e dividere il costo della torta in maniera uguale per tutti, ma poi al taglio della torta i giganti ne mangiassero una fetta grande quanto dieci delle nostre, siamo sicuri che ci convenga fare una colletta paritaria per comprare una torta insieme a loro?
Per questi motivi i partiti della maggioranza di Governo iniziavano a covare, nei suoi confronti, una crescente invidia che sfociava in aperte ostilità, aspettando il momento giusto per far terminare la legislatura anzitempo e presentarsi alle elezioni.
Tutto questo avveniva alle spalle di Draghi mentre egli lottava per la sopravvivenza del suo paese, per cercare di dargli una statura europea, adeguata alle sue potenzialità, e una rinnovata credibilità mondiale ma purtroppo alla prima "futile" occasione che si è presentata è stato tradito e "colpito" proditoriamente da parte del terzetto dei partiti di cui sopra, i quali, senza rimorso alcuno, hanno quadrato il cerchio delle reciproche viltà con l'aggravante dei meschini sentimenti che li ha animati.
Lo so, è tutto molto contorto e per capirci qualcosa bisogna addentrarsi nella particolare psicologia di questi partiti i quali, ad un certo punto della loro storia percepiscono se stessi come essere entrati all'interno di un videogioco, proprio nel momento della riscossione del bonus più alto, ovvero nel momento clou dell'entrata nel breve "tunnel della fortuna elettorale", che si percorre in un rapido arco temporale e che li renderà più appetibili degli altri, ai palati degli elettori, finché si permane al suo interno.
Il perché ai partiti politici, nonostante un perdurante stato di crisi più che trentennale, capiti un tale periodo di fortuna elettorale non è dato capire. Tuttavia il fatto che questa fortuna capiti, a turno, a quasi tutti i partiti lascia pensare che sia quasi tutto frutto del caso che non distingue il bene dal male e fa sì che tutto si alterni secondo una sua logica immutabile nel tempo. Quando un partito avverte di essere entrato nel "tunnel della fortuna elettorale", sa già che per fare strike e far saltare il banco si deve dotare, al più presto, di armi non convenzionali e puntarle tutte contro la legislatura fino a fiaccarla e farla cadere, per poi andare, al più presto, ad elezioni anticipate, prima della sua uscita dal "tunnel della fortuna elettorale" e quindi nel momento in cui si è più forti degli altri partiti.
A voler trovare una piccolissima attenuante per i partiti che hanno dato scacco matto al nostro Premier Draghi c'era il senso di grande frustrazione provocato ad essi dalla pervasività dei mass media che, giorno dopo giorno, davano ampio risalto alla distanza siderale intercorrente tra le alte competenze e la visione tattica e strategica di Mario Draghi e le loro basse meschinità interne, che, come un buco nero, non lasciavano spazio a nessuna competenza.
Trame, trappole e complotti per far cadere governi, di tutti i colori politici, se ne sono succedute e bizzeffe in passato con compimenti di altrettanto efferati "delitti" politici a campi contrapposti e in tutte le direzioni parlamentari.
Tuttavia oggi il quadro internazionale in cui si colloca l'Italia appare più grave per la concomitanza di una crisi politica, finanziaria, economica, energetica, climatica, del lavoro e non per ultimo della guerra che si sta combattendo in Europa, della guerra fredda tra USA e Cina, delle guerre per l'egemonia tra paesi emergenti e democrazie consolidate.
Per capire la logica perversa che ha condotto a questo brutale avvenimento in circostanze così tragiche, dovremmo dire che trattasi di un reato contro un organo dello Stato da parte di uno o più partiti politici. Questa fattispecie si compie quando un partito si sente notevolmente più forte degli altri, perché magari entra nel - "tunnel della fortuna elettorale" - e allora avverte la necessità di capitalizzare, immediatamente, tale consenso in termini di voti. Il partito in questione sa benissimo che tale consenso è estremamente volatile e quasi sempre frutto del caso e della volubilità di noi italiani e non è destinato a durare a lungo e quindi inizia a creare alleanze di scopo per far cadere il Governo e provocare elezioni anticipate, pensando poi di poterle vincerle o di ottenere un buon risultato. Ecco è proprio questo il punto di non ritorno: far cadere un Governo, che è un organo dello Stato, per conseguire un vantaggio privatistico, consistente nel vincere o sperare di vincere un'elezione politica riproduce la fattispecie di un reato specifico e questo comportamento criminoso dovrebbe essere perseguito come un reato contro un organo dello Stato.
Veniamo ora al fatto, ovvero come si è compiuto il "delitto": qual è stato l'avvenimento preso a pretesto che ha innescato la crisi da parte di un partito della maggioranza, i Cinque Stelle, e portata a compimento da altri due partiti, sempre di maggioranza, Forza Italia e Lega?
Il pretesto dei Cinque Stelle è stato da loro ravvisato nell'inserimento nel Decreto Aiuti Italia di un finanziamento per la costruzione del termovalorizzatore di Roma e da una modifica sul Reddito di Cittadinanza. Per questi motivi i Cinque Stelle, capitanati da Giuseppe Conte, non hanno partecipato al voto di fiducia al Senato per approvarlo. Il Decreto è comunque passato al Senato anche senza i voti dei grillini. Da qui sono nate interminabili polemiche da parte degli altri partiti di maggioranza che hanno accusato i Cinque Stelle di essersi voluti distinguere dagli altri partiti solo per motivi elettorali.
Draghi a quel punto, non avendo ottenuto la fiducia dai grillini, rassegna le sue dimissioni al Quirinale, subito respinte dal Presidente Mattarella che lo invita a cercare la fiducia in Parlamento mercoledì 20 luglio. Da questo Forza Italia e Lega hanno colto immediatamente il loro pretesto per procedere all'annientamento del M5S e al suo allontanamento dalla maggioranza di governo, affrettandosi a chiedere al Senato, per mezzo della risoluzione della crisi presentata da Calderoli, di ottenere un secondo governo Draghi senza il M5S, oppure, in alternativa, andare a nuove elezioni che secondo i loro sondaggi avrebbero dovuto essere favorevoli al centrodestra. Intanto Casini presenta un'altra risoluzione che prevede di andare avanti come se niente fosse successo e che rinnova la fiducia al proseguimento del governo alle stesse condizioni di prima.
Prima del voto Draghi non acconsente alle richieste del centrodestra di andare avanti con la legislatura senza il Movimento 5 Stelle e pone, invece, il voto di fiducia sulla risoluzione di Casini: è un tentativo di Draghi di tenere tutti dentro la maggioranza. La risoluzione Casini viene approvata ma con i voti contrari di Forza Italia e Lega che negando la fiducia al Governo Draghi ne decretano anche la fine anticipata.
A causa di questi abietti calcoli politici di bottega, ora ci ritroviamo nella spericolatissima situazione di aver permesso, in diretta tv, che il nostro Premier Mario Draghi, figura preminente nei consessi delle maggiori istituzioni italiane e europee, fosse cacciato via dal Governo senza neanche un briciolo di ringraziamento per quanto ha fatto, preso letteralmente a calci nel sedere e con lui anche noi tutti e il futuro prossimo dell'Italia. Tutto questo a causa dei calcoli elettorali di una manciata di partiti politici e non per una ragione di stato o altri ragionamenti che avessero coinvolto gli interessi di tutto il paese.
Con questo antefatto è iniziata la campagna elettorale che ci porterà al voto il 25 settembre prossimo e ora tutti i segretari di partito, già dimentichi del disastro che hanno combinato, stanno facendo i conti della serva per cercare di imbroccare gli slogan elettorali e gli alleati giusti per prendere un voto in più degli avversari e vincere le prossime elezioni politiche. Poi smaltita la sbornia e finita la sagra delle spartizioni, ai problemi reali del paese ci penserà qualche altro tecnico che verrà nominato dalle varie riserve della Repubblica e che riuscirà a tappare qualche falla, giusto per non far affondare il paese e porre le condizioni affinché tutto si ripeta d'accapo, cambiando solo gli attori e le comparse in scena!
In un paese serio la politica dovrebbe ragionare in maniera diametralmente opposta, ovvero, i vari partiti dovrebbero allearsi se non su tutto, almeno su alcuni punti importanti dei loro programmi. Oppure se un partito non ravvisa nessun altro con il quale possa condividere idee e programmi politici dovrebbe poter avere la possibilità di presentarsi da solo alle elezioni politiche.
Il motivo per cui in Italia un partito non può presentarsi da solo sulla scena politica delle elezioni e chiedere i voti per governare da solo è da ricercarsi nel fatto che le elezioni sono state quasi sempre regolate da leggi proporzionali e non da leggi maggioritarie. Questo perché a noi italiani, piace avere le mani libere, ricerchiamo sempre l'uomo forte ma solo perché ci faccia da parafulmine e per scaricarci dalle nostre responsabilità e non perché egli eserciti realmente su di noi le sue capacità dirigenziali. Ci fa comodo averlo solo per far sì che si faccia carico delle eventuali responsabilità in caso di problemi, come vittima sacrificale e capro espiatorio. Nel caso l'uomo forte, pro tempore, questa cosa non la capisse e pretendesse di adoperarsi per lo scopo al quale è stato ufficialmente chiamato, ebbene ci sono mille lacci e lacciuoli nascosti nei meandri dei poteri dello stato e della Pubblica Amministrazione capaci di imbrigliare non solo qualsiasi uomo di questa terra ma anche qualcuno che venga da più lontano!
Diciamoci la verità, a noi italiani non piace avere un"direttore di orchestra" che abbia davvero le capacità di dirigerci dall'alto della sua preparazione e consentire a ognuno di noi di utilizzare il suo strumento al tempo giusto, in accordo con gli altri, che tutti si esprimano al meglio delle loro potenzialità e che i suoni dei vari strumenti si fondano insieme in una appassionata sinfonia che possa appagare pienamente le aspettative dell'audience che ci ascolta. La sola presenza del "direttore d'orchestra" limiterebbe la nostra capacità di improvvisazione e inventiva e potrebbe non far emergere la nostra "unicità" rispetto agli altri. E questo perché il merito e l'apprezzamento collettivo non appaga il nostro "Io", anzi ci irrita perché ci dà, paradossalmente, la sensazione che il merito degli altri sia sempre maggiore del nostro.
Il vero motivo per cui non vogliamo essere diretti da altri è che per eseguire le direttive altrui bisogna prepararsi, studiare, coordinarsi con gli altri in gruppi di lavoro e noi non abbiamo voglia di fare nessuna di queste tre cose. Partiamo dalla convinzione di essere "nati già imparati", poi troviamo la scusante che ormai "siamo già troppo vecchi" per farlo; in più crediamo di avere una furbizia innata, che scambiamo per cultura. Non riusciamo a capire che la furbizia è soltanto un palliativo che ci soccorre per tamponare la mancanza stessa di cultura, la carenza di preparazione specifica e dello studio che non abbiamo affrontato nei tempi e nei modi giusti.
Per capire questo concetto bisognerebbe iniziare a leggere i manuali di istruzioni (teoria) prima di usare gli oggetti che compriamo invece di cercare di comprenderne l'utilizzo soltanto con l'uso (pratica) stesso dell'oggetto.
Quasi sempre questo è il solo motivo per il quale iniziamo a porre in essere un'articolata opera diffamatoria e denigratoria volta ad allontanare il nostro "direttore d'orchestra" affinché le nostre note possano innalzarsi più forti e in alto di quelle degli altri. Ovviamente quasi tutti gli altri orchestrali si comportano nello stesso modo, e questo è il motivo per cui il contesto musicale armonico che dovrebbe essere eseguito viene meno, lasciando il campo a singoli strimpellatori che producono suoni distonici e disarticolati gli uni dagli altri. Piuttosto che eseguire a regola d'arte il nostro singolo spartito, preferiremmo suonare tutti gli altri strumenti, uno per uno e poi assemblarli insieme sia per prenderci da soli tutto il merito che spetterebbe anche agli altri, sia per evitare il confronto con altri. Da questo si capisce che la meritocrazia, parola tanto bella e astrattamente desiderata è impossibile che attecchisca in Italia, perché noi italiani la consideriamo una minaccia dalla quale difendersi in tutti i modi possibili.
Le leggi elettorali in senso proporzionale non generano quasi mai alleanze durature: all'indomani delle elezioni i partiti delle varie coalizioni si sfasciano dopo aver raccolto solo i frutti della vittoria e non aver portato nessun beneficio all'albero che glieli ha forniti.
In Italia i partiti politici sono riusciti a instillare nelle menti della gente che se vi fosse una legge elettorale maggioritaria che desse la possibilità di vincere le elezioni al singolo partito (e non a una coalizione) che si presenti sotto una sola bandiera, ebbene quel partito uscito vincitore dalle urne avrebbe i cosiddetti "pieni poteri", fino a identificare la frase "pieni poteri" con "dittatura" e che colui che li avesse farebbe sicuramente non gli interessi comuni ma quelli della "minoranza" che rappresenterebbe.
Ma si badi bene che pieni poteri non è affatto sinonimo di dittatura, questa frase è stata così tanto ripetuta che si fa fatica a far comprendere che non significa quello che è stato ripetuto all'infinito. Al contrario la parola "pieni" sta a significare: tutti quei i poteri che sono necessari per espletare un particolare ufficio e spiegatemi perché non si dovrebbe averli se servono per governare compiutamente una nazione? Ebbene, non vi è cosa più subdola di queste false affermazioni che bloccano da sempre la politica e quindi tutta l'Italia da tempo immemorabile.
In primo luogo bisogna riflettere sul fatto che per governare è meglio farlo con un raggruppamento di persone che condividano un programma serio, frutto di discussioni pregresse, invece che con un'accozzaglia di gente che si trovano lì insieme per meriti di calcolo numerico-contabile e quindi solo per vincere le elezioni in quel particolare momento. Come si fa a governare quando non si è condiviso un programma perché tutti gli argomenti trattati vertevano solo ed esclusivamente sull'aritmetica elettorale!
In seconda battuta, in un sistema maggioritario se un partito "minoritario" (nel senso che non ha raccolto il 50% dei voti espressi) vince comunque le elezioni anche grazie al premio di maggioranza, perché ha preso più voti di tutti, non bisogna dimenticare che esso riceverà l'incarico di governare il paese nell'interesse di tutti e non solo degli elettori che lo hanno votato. Ancora, quel partito vincitore delle elezioni vorrà ampliare la propria base elettorale e quindi si sforzerà ancora di più di essere super partes e di governare nel modo più imparziale possibile, il che non significa non scontentare mai nessuno, bensì far approvare le leggi necessarie, di volta in volta, per migliorare e risolvere i vari problemi del paese, tenendo conto che non siano eccessivamente penalizzanti per alcuni settori e che il saldo sacrifici-benefici sia comunque di gran lunga positivo per tutti.
Qual è la paura del maggioritario? Bisognerebbe, al contrario aver paura del sistema elettorale proporzionale che, non assicurando i necessari poteri per governare a nessuno dei partiti coalizzati, determina l'immobilità nella quale siamo impantanati da oltre un trentennio e che ci sta portando alla morte per asfissia politica.
Nel 1992 perdemmo un treno importante per l'Italia intera con i referendum e l'azione politica di Mario Segni che avrebbe potuto portare l'Italia sui binari della legalità e governabilità con l'introduzione del sistema elettorale maggioritario. Purtroppo i capibastone che erano all'epoca al comando riuscirono a manipolare i referendum, riuscendo a sostituire alla parola "partiti" le parole "coalizioni di partiti". Risulta lampante che se una legge elettorale fa vincere un partito da solo può dirsi tranquillamente maggioritaria, se, invece, ne fa vincere due o più coalizzati non è più una legge maggioritaria ma proporzionale, in quanto i partiti vincitori devono comunque trovare una formula per spartirsi i poteri e altro per poter governare. Il gioco è sempre lo stesso, cambiare tutto affinché nulla cambi.
Purtroppo in Italia quando si arriva al nocciolo del problema, sopraggiunge sempre, da parte dei capibastone di turno, un tentativo di intimidazione, di manomissione, di sabotaggio, un avvertimento, tutto quanto necessario per fermare il processo in atto e lasciare fare alle sabbie mobili il loro lento ma inesorabile lavoro di far sparire tutto senza lasciare tracce visibili.
Cari italiani, se non vi siete stufati e tutto questo vi sta ancora bene, gustatevi questa campagna elettorale estiva, divertitevi con i talk show, entusiasmatevi per questo leader o per quell'altro e poi andate pure a votare, tanto con la legge elettorale proporzionale il vostro voto non varrà un fico secco e i partiti se lo intesteranno come gli farà più comodo al momento di tirare i conti.
Se invece, come me, fate parte di quel 40 % di cittadini che hanno deciso di non andare a votare e non sopportate più di essere presi in giro da questi prestigiatori e giocolieri del voto, chiediamo, tutti insieme di avere un sistema di voto maggioritario, magari a doppio turno per una ulteriore garanzia di democraticità. Chiediamo anche che il sistema di voto non possa essere cambiato ogni qualvolta ci si avvicini ad una elezione e che non siano i partiti a poterlo cambiare in base alle loro convenienze contingenti. Quando mai si è visto che i giocatori al tavolo verde siano essi stessi a cambiare le regole del gioco quando la partita non è ancora finita.
L'input al Parlamento per approvare e correggere la legge elettorale, sempre in funzione maggioritaria, dovrebbe essere di esclusiva competenza del Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle due Camere e la Corte Costituzionale e dovrebbe potersi esercitare anche nel suo semestre bianco.
Da qui alle elezioni, ovviamente non ci sarà né il tempo né la volontà di approvare una legge elettorale in senso maggioritario, stante così le cose, e viste le ultime intemerate dei partiti e i crimini commessi contro il loro stesso paese e successivamente le vergognose bugie e i vari distinguo per non intestarsi la paternità della ignominiosa cacciata del nostro Premier Mario Draghi, io non me la sento di regalare il mio voto a nessun partito o coacervo di partiti che sia, ben sapendo della sorte che il mio voto subirà con questa legge proporzionale, quindi ho deciso che scriverò sulla mia scheda elettorale:
"VOGLIO IL MAGGIORITARIO A DOPPIO TURNO".
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