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Carlo Prisco, positanese che oggi vive lontano ma con il cuore sempre ancorato alla sua terra, ha affidato ai social un appello sul futuro di Positano

"Positano rischia di diventare un parco a tema". L'appello di Carlo Prisco sul futuro della Città Verticale

Nel suo intervento, racconta una Città Verticale che negli ultimi anni sarebbe cambiata non per naturale evoluzione, ma per una serie di scelte “discutibili” che hanno sacrificato identità, vivibilità e ambiente sull’altare del profitto immediato

Inserito da (Redazione Costa d'Amalfi), martedì 12 agosto 2025 08:17:48

Carlo Prisco, positanese che oggi vive lontano ma che rimane sempre legato alla sua terra, ha affidato ai social un appello sul futuro di Positano. Nel suo intervento, racconta una Città Verticale che negli ultimi anni sarebbe cambiata non per naturale evoluzione, ma per una serie di scelte "discutibili" che hanno sacrificato identità, vivibilità e ambiente sull'altare del profitto immediato.

Con il doppio sguardo di cittadino e visitatore, Prisco mette in fila cinque priorità: dal riequilibrare il turismo di massa alla tutela del territorio, dal recupero delle tradizioni alla creazione di spazi per la comunità.

Di seguito il testo integrale:

"Negli ultimi anni, Positano è cambiata, e non per una naturale evoluzione, ma per una somma di scelte discutibili che hanno messo il guadagno rapido davanti a tutto: al futuro, all'equilibrio ambientale, alla vivibilità, all'identità, all'autenticità.
Il risultato? Un paese che rischia di diventare un parco a tema: bello da fotografare, vuoto da vivere.

Quello che scrivo non è propaganda. Non ho bandiere politiche, e non me ne interessano. Queste sono proposte che trascendono l'ideologia: riguardano la sopravvivenza di Positano come comunità viva, non come vetrina senz'anima.

E non voglio, nel modo più assoluto, dare il tono di chi "viene da fuori a insegnare come si fanno le cose".
Ma sento di poter offrire un punto di vista che unisce due prospettive: quella di chi a Positano ci ha vissuto e lavorato, e quella di chi ora ci torna solo in alcuni periodi dell'anno, vedendo i cambiamenti con occhio più distaccato.
Non ho attività, non ho interessi economici a Positano: l'unico interesse è emotivo e romantico.
Credo che questo sentimento sia condiviso da molti di voi che state leggendo.

Il nostro bene primario - industriale, economico e sociale - è il turismo. Ma senza residenti, senza spazi per la comunità, senza autenticità, anche il turismo si spegne.
Bisogna uscire dalla mentalità del guadagno in uno, due o tre anni e iniziare a pensare sul lungo termine.

Prendiamo un esempio: far pagare 200 euro per un lettino, un ombrellone e una bottiglietta d'acqua può portare guadagni nel primo, forse nel secondo e terzo anno. Ma siamo realisti: chi può permetterselo è una minoranza nel mondo, e quando avremo costruito un modello basato solo su una nicchia che, per forza di cose, finirà, che facciamo? Restiamo col cerino in mano?

Lo stesso vale per certe "mode" recenti: far pagare ai turisti per farsi fare una foto in determinate zone, come se la bellezza di Positano fosse un set privato e non un patrimonio visivo collettivo. Sono trovate che possono generare qualche entrata nell'immediato, ma che nel tempo alimentano un'immagine mercenaria del paese e allontanano proprio quel turismo di qualità di cui avremmo più bisogno.

E poi c'è un'altra cosa che trovo scandalosa: al molo si respira smog come se fossimo a Milano, con traghetti che emettono fumate nere peggio del Conclave. Possibile che in un luogo che vive di aria pulita e panorami ci si rassegni a una situazione simile?
Possibile che non si riesca a trovare un sistema di trasporto marittimo più sostenibile, che non intossichi residenti e visitatori nel punto stesso in cui si accolgono i turisti?

Con le elezioni comunali dell'anno prossimo alle porte, è il momento di buttare sul tavolo qualche idea.
E spero che chiunque si candidi, da una parte o dall'altra, le prenda in considerazione.
Sì, dobbiamo rendere Positano di nuovo grande ("Make Positano Great Again" - so bene chi l'ha detto, e lo scrivo anche per stemperare).

Ecco la mia visione, in ordine di priorità:

1. Rendere il centro vivibile per i cittadini:
Oggi il centro è una passerella commerciale. Servono spazi per chi ci vive: aree verdi, panchine, zone pedonali fruibili per tutti, non solo passerelle per selfie. Luoghi di incontro che non siano solo bar o negozi. La vivibilità è un investimento, non un lusso.

2. Proteggere il territorio e il demanio pubblico:
La Costiera è fragile e il bene comune non è terra di nessuno. In troppi casi il demanio pubblico sembra diventato il giardino privato di pochi: un "Pareto demaniale tossico" dove pochi si prendono tanto e alla comunità resta poco. Serve una gestione trasparente e accessibile a tutti. Ogni nuovo progetto va valutato per l'impatto ambientale reale, non solo per il profitto che promette.

3. Limitare l'impatto del turismo di massa:
Non è questione di odiare i turisti: è questione di sopravvivenza per i residenti. Siamo saturi di BnB e case vacanza, e non è un vanto. Serve un tetto alle strutture ricettive, incentivi per affitti annuali ai residenti, e una strategia per distribuire i flussi turistici lungo più mesi dell'anno, evitando i picchi ingestibili che rovinano la vita di tutti.

4. Difendere la semplicità della gastronomia e delle tradizioni:
La nostra forza è sempre stata la semplicità: ingredienti locali, stagionalità, sapori autentici. Non svendiamola per mode globali. Chi viene qui deve riconoscere Positano da quello che mangia, senza bisogno di guardare fuori dalla finestra.

5. Restituire voce alla comunità:
Non basta dire "ascoltiamo i cittadini": bisogna creare momenti reali in cui la comunità possa esprimersi. Serve un evento annuale che celebri musica, arte, artigianato, gastronomia, fotografia, storia.
E serve un vero Museo della Storia di Positano: leggende, miti, tradizioni, origini del nome. Non in un angolo dimenticato da Dio, ma in un punto centrale e visitato. Chi arriva qui deve capire dove si trova e perché questo luogo è unico.

È il minimo che noi cittadini possiamo fare.

Ed è il minimo che voi imprenditori possiate fare per onorare le motivazioni che vi hanno permesso di arricchirvi, anche a costo di sacrificare un guadagno immediato."

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