Tu sei qui: Storia e StorieIl mio ricordo di Luciano De Crescenzo
Inserito da (admin), giovedì 18 luglio 2019 18:20:46
di Sigismondo Nastri
Come avviene con le ciliegie, una tira l'altra. Ad appena ventiquattro ore da Andrea Camilleri, ecco che ci lascia un altro grande vecchio della Letteratura italiana, Luciano De Crescenzo.
Massimo rappresentante della napoletanità, espressa soprattutto nel personaggio del prof. Gennaro Bellavista, come la sicilianità di Camilleri era impersonata dal commissario Montalbano.
Ho avuto la fortuna d'incontrare De Crescenzo in varie circostanze. A Positano, in una ediziome di Mare sole e cultura, la kermesse letteraria estiva ideata da Enzo D'Elia. Si presentava il suo libro "La traviata", che conservo gelosamente con dedica. Io e Luca Vespoli gli chiedemmo un'intervista. Non si fece pregare. C'invitò in albergo e facemmo una lunga chiacchierata, simpatica, cordiale, intercalata anche da qualche esilarante battuta (devo avere ancora conservata la cassetta registrata), seduti fuori al balcone della sua camera. E poiché le sedie a disposizione erano solo tre, rammaricandosene, invitò mia moglie, che mi accompagnava, a sedersi sul bordo del letto.
Da lì avrebbe potuto seguire agevolmente la nostra conversazione.
Rividi De Crescenzo a Furore in occasione di una manifestazione organizzata dal sindaco Raffaele Ferraioli. In quel periodo lo scrittore trascorreva la vacanza a Conce dei Marini in una casa presa in affitto - se la memoria non mi tradisce - dalla figlia. Le sue parole, quel giorno, furono una dichiarazione d'amore per il tratto di costa che scende da Agerola fino al mare. Disse anche che, alla morte, avrebbe voluto essere sepolto nel piccolo cimitero di Furore.
Luciano De Crescenzo venne a Maiori nel 2000 alla cerimonia conclusiva del Premio Rossellini 1990, vinto da mia figlia col cortometraggio "Iroiam". Lo ricordo seduto in prima fila accanto a Isabella Rossellini, che fu madrina dell'evento e consegnò il premio, insieme col presidente della Regione Antonio Bassolino.
Ho rivisto ancora De Crescenzo a una cena in suo onore, al Circolo Canottieri Savoia di Napoli, dove fu presentata un'edizione esclusiva de "Il nano e l'Infanta", una storia in versi scritta e illustrata da lui in età giovanile, stampata su carta a mano di Amatruda, in pochi esemplari destinati agli amici, dall'industria grafica De Luca di Salerno. Ricordo che Norberto Bobbio, che ne aveva ricevuto copia dallo stesso De Crescenzo, telefonò qualche giorno dopo a don Peppe De Luca, titolare dell'Azienda, per complimentarsi della bellezza della carta e della qualità della stampa.
L'ingegnere-pensatore, romanziere di successo, saggista eclettico, cineasta brillante, lascia una vasta eco di rimpianto in quanti attraverso i suoi libri hanno imparato a conoscere Napoli com'è, fuori da ogni retorica o pregiudizio, e ad appassionarsi allo studio della filosofia greca.
Negli ultimi tempi - ne parlò Renzo Arbore, a Maiori, quando nell'agosto 2011 tenne concerto all'anfiteatro del porto - era assillato da due problemi: la prosopagnosia (incapacità di riconoscere i volti delle persone), divenuta tanto fastidiosa da indurlo a indicarla nel biglietto da visita, a scanso di brutte figure. E da un'altra sindrome, pure legata allo scorrere inesorabile del tempo, che gli faceva dichiarare, con un'autoironia sottile e maliziosa: "Le donne mi piacciono ancora moltissimo, ma non me ne spiego più il perché".
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