Tu sei qui: Storia e StorieLa rivolta di Sobibór: quando i prigionieri si ribellarono all'inferno
Inserito da (Admin), mercoledì 15 ottobre 2025 04:11:29
Nel cuore della Polonia occupata, nascosto tra i boschi della regione di Lublino, sorgeva uno dei luoghi più terribili della macchina di sterminio nazista: il campo di Sobibór. Costruito nel 1942 come parte dell'"Operazione Reinhard", aveva un solo scopo: l'eliminazione sistematica degli ebrei europei. In poco più di un anno di attività, circa 250.000 persone furono uccise nelle sue camere a gas.
Eppure, in quel luogo concepito per negare ogni forma di speranza, maturò un atto di straordinario coraggio. Il 14 ottobre 1943, un gruppo di prigionieri ebrei decise di ribellarsi e tentare l'impossibile: fuggire dall'inferno.
L'idea nacque grazie a Leon Feldhendler, un ebreo polacco tra i deportati, che da tempo meditava un piano di fuga. Il destino gli offrì un alleato inatteso nell'estate del 1943, quando nel campo fu deportato Aleksandr Pečerskij, ufficiale dell'Armata Rossa e anch'egli ebreo. Insieme misero a punto una strategia: eliminare silenziosamente le guardie tedesche e ucraine, impadronirsi delle armi e aprirsi un varco verso la libertà.
Il piano scattò alle 16 del 14 ottobre. Con inganno e sangue freddo, i rivoltosi attirarono diversi ufficiali delle SS con la scusa di mostrare loro stivali o abiti appena riparati, per poi ucciderli con asce e coltelli. Nel caos che seguì, le sirene del campo suonarono l'allarme e i prigionieri compresero che non c'era più tempo: centinaia di loro corsero verso il filo spinato e i campi minati, sotto il fuoco delle mitragliatrici.
Circa 300 riuscirono a fuggire, ma molti vennero successivamente catturati o uccisi nelle settimane successive. Soltanto poco più di 50 sopravvissero alla guerra. Tuttavia, quella rivolta segnò la fine del campo: nel tentativo di cancellare le prove, i nazisti smantellarono Sobibór, distrussero gli edifici e piantarono alberi sul terreno.
La rivolta di Sobibór fu un atto di resistenza morale e umana. In un luogo dove la morte era l'unica certezza, quegli uomini e quelle donne seppero dire "no" alla disumanizzazione, dimostrando che neppure il terrore più assoluto può soffocare la dignità.
Oggi, a Sobibór, un memoriale e un museo ricordano questa triste pagina di storia.
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