Tu sei qui: Storia e StorieTrattativa Stato-Mafia, Cassazione: "I processi non si fanno con un approccio storiografico ma rimanendo aderenti ai fatti oggetto di imputazione"
Inserito da (Redazione Nazionale), domenica 12 novembre 2023 13:49:24
La trattativa Stato - Mafia di cui tanto si è parlato e discusso trova nelle motivazioni più ampie rese pubbliche dalla Cassazione a seguito dell'udienza dello scorso 27 aprile, il perché dell'assoluzione decisa dagli 'ermellini'.
"I processi non si fanno con un approccio storiografico ma rimanendo aderenti ai fatti oggetto di imputazione e nel rigoroso rispetto della Costituzione e del codice di rito".
Con queste motivazioni la Cassazione - nel verdetto 45505 di circa un centinaio di pagine, depositato nei giorni scorsi dalla Sesta sezione penale spiega perché ha definitivamente assolto, con la formula più ampia del 'non aver commesso il fatto', gli ex investigatori del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno), e ha confermato il proscioglimento dell'ex parlamentare Marcello Dell'Utri e riconosciuto la prescrizione del tentativo di minaccia ai governi Amato e Ciampi per il capomafia Leoluca Bagarella e per il medico mafioso Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.
Un dispositivo considerato dalla Cassazione, fallace sul piano logico e giuridicamente errato, in quanto la confutazione delle spiegazioni alternative di un fatto non può supplire alla radicale mancanza di prova positiva del fatto medesimo.
Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito dell'appello hanno sbagliato a ritenere "che solo Mori potesse aver rivelato l'informazione relativa al ricatto mafioso e alla spaccatura in essere all'interno di Cosa Nostra, senza aver previamente dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che questa informazione riservata non fosse previamente nota al ministro della giustizia Giovanni Conso e che costituisse patrimonio conoscitivo esclusivo di Mori e che non fosse pervenuta a conoscenza del Ministro per effetto di canali diversi ed autonomi.
Per la Cassazione:
"fermo restando il riconoscimento per l'impegno profuso nell'attività istruttoria dai giudici di merito, deve, tuttavia, rilevarsi che la sentenza" emessa dalla Corte di Assise di Appello di Palermo il 23 settembre 2021 e ancor più marcatamente quella di primo grado, hanno, invero, optato per un modello di ricostruzione del fatto penalmente rilevante condotto secondo un approccio metodologico di stampo storiografico.
Anche quando il giudice penale deve confrontarsi con complessi contesti fattuali di rilievo storico-politico, l'accertamento del processo penale resta, invero, limitato a fatti oggetto dell'imputazione e deve condotto - conclude la Suprema Corte - nel rigoroso rispetto delle regole epistemologiche dettate dalla Costituzione e dal codice di rito, prima tra tutte quella dell'oltre ragionevole dubbio".
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