Tu sei qui: Storia e StorieVia D’Amelio a Palermo, la strage che spezzò il coraggio di Paolo Borsellino
Inserito da (Admin), sabato 19 luglio 2025 21:26:19
Palermo, 19 luglio 1992. Alle 16:58 una potente esplosione squarcia il silenzio assolato di via D'Amelio, nel quartiere residenziale della città. Una Fiat 126 carica di tritolo, parcheggiata sotto l'abitazione della madre del giudice Paolo Borsellino, salta in aria non appena il magistrato si avvicina. È un attentato mafioso. È una strage.
Con il giudice perdono la vita cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi (prima donna della Polizia a morire in servizio), Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Solo Antonino Vullo, anche lui agente di scorta, sopravvive, gravemente ferito. A 57 giorni dalla strage di Capaci, in cui vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, lo Stato viene colpito ancora. La mafia siciliana non arretra.
L'immagine che accompagna questo ricordo è ormai iconica: Paolo Borsellino cammina solo, assorto, il volto teso. Alle sue spalle due carabinieri e una volante. È un'immagine che racconta solitudine, consapevolezza, determinazione. È il volto di chi sa di essere nel mirino, ma non si ferma.
Borsellino, nato a Palermo nel 1940, era legato da profonda amicizia e sintonia investigativa a Giovanni Falcone. Insieme avevano lavorato al maxi-processo contro Cosa Nostra e al pool antimafia creato da Antonino Caponnetto. Dopo Capaci, sapeva che il suo tempo era contato. "L'impegno contro la mafia non può concedersi pausa alcuna", ripeteva con convinzione. Un'eredità morale che ancora oggi risuona tra chi lotta per la giustizia e la legalità.
Via D'Amelio è un simbolo della memoria: una ferita aperta, un monito per l'Italia intera.
Foto: Pagina social Arma dei Carabinieri
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