Tu sei qui: PoliticaRomano Prodi, quando il ritorno sulle scene diventa un passo falso
Inserito da (Admin), giovedì 27 marzo 2025 15:50:17
Romano Prodi è tornato al centro dell'attenzione mediatica, ma non per meriti politici o accademici. Recentemente, l'ex presidente del Consiglio è stato protagonista di un episodio controverso: durante un'intervista con la giornalista Lavinia Orefici di Mediaset, Prodi ha reagito a una domanda tirandole una ciocca di capelli. Un gesto inusuale e inappropriato, che ha suscitato ampie critiche e sollevato interrogativi sul comportamento dell'anziano politico.
Inizialmente, Prodi ha minimizzato l'accaduto, sostenendo di aver semplicemente posato una mano sulla spalla della giornalista. Tuttavia, un video diffuso successivamente ha mostrato chiaramente l'azione di tirare i capelli, smentendo la sua versione dei fatti. Di fronte all'evidenza, Prodi ha ammesso l'errore, dichiarando: «Ma non accetto la strumentalizzazione».
Questo episodio riaccende una riflessione mai del tutto sopita: ha ancora senso che figure del passato intervengano nel dibattito pubblico con la pretesa di dettare la linea? Se oggi l'opinione pubblica si divide tra l'indifferenza e il fastidio, a far eco a questa sensazione generalizzata è il pensiero lucido, impietoso e tagliente di Oriana Fallaci, che già vent'anni fa non lesinava giudizi durissimi su Prodi. In una delle sue lettere più celebri, scrisse:
«So che in Italia la chiamano Mortadella. E di ciò mi dolgo per la mortadella, che è uno squisito e nobile insaccato di cui andar fieri, non certo per lei che in me suscita disistima fin dal 1978...»
Fallaci, con la sua penna affilata e la sua visione sempre anticipatrice, richiamava un episodio emblematico dell'"altra politica" di Prodi: la seduta spiritica del 1978, durante il sequestro di Aldo Moro. Un gesto che per la scrittrice fu "irrispettoso, non pietoso, non umano". Da lì, un crescendo di critiche: la voce manierosa, la faccia "falsamente benigna", il trasformismo politico, gli errori commessi a Bruxelles, le "figuracce internazionali" che - parole sue – "sono le nostre figuracce".
Eppure, al netto delle polemiche e delle divergenze ideologiche, c'è una verità scomoda che emerge: l'incapacità di molti uomini delle istituzioni di comprendere quando è il momento di defilarsi. Prodi non è il solo. Ma è emblematico.
Le parole finali di Oriana Fallaci sembrano oggi ancora più attuali, più che un attacco personale, un invito alla decenza istituzionale:
«Non le bastavano gli immeritati fasti di Bruxelles? Dove ogni mese lei riceve cinquanta milioni di vecchie lire italiane! Così tante che mi chiedo come facciano gli italiani, anzi gli europei, a non rinfacciargliele».
Difficile darle torto.
Alla fine, viene da chiedersi se non sia il caso di applicare un principio tanto ovvio quanto disatteso: ad una certa età, anche i protagonisti della politica dovrebbero avere l'umiltà di farsi da parte. Non per rassegnazione, ma per rispetto del proprio passato, della propria dignità e del tempo presente.
Perché, come diceva proprio Oriana, "le figuracce dei politici sono le figuracce del Paese". E l'Italia, oggi più che mai, merita di voltare pagina.
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